E’ ormai sempre più dilagante la modalità scientifica di comunicare il cibo, anzi, direi che è una normalità. Così un alimento diventa la somma di componenti nutrizionali che non tengono nessun conto della sua storia o della sua tradizione. Molti alimenti però vengono spesso additati come sani o pericolosi, decontestualizzando l’aspetto culturale: la soia ne è un esempio.

Se diciamo: ”la soia fa bene” oppure “la soia fa male” in entrambe i casi non è una informazione corretta in quanto non identifica il contesto storico culturale e tradizionale del suo consumo  alimentare.

Lasciamo parlare la tradizione

In quanto legume la soia si consuma in poche ricette, in particolare   in alcuni piatti medicati, e nemmeno il latte di soia come colazione (uso decisamente occidentalizzato).

Tradizionalmente la soia si è da sempre consumata (e ancora oggi) sottoforma di Miso, Shoyu, Tamari,  Tempeh. Il latte di soia si utilizza per la preparazione del tofu, o della yuba (chiamata pelle di tofu si deposita sulla superficie del latte di soia caldo).

L’importanza di conoscerne l’uso

In questi termini  i prodotti tradizionali derivati dalla soia sono di grande benefici inseriti nell’alimentazione quotidiana se:

  • si rispettano le modalità tradizionali di produzione;
  • se si utilizzano ingredienti di qualità;
  • se vengono conservati nel modo giusto;
  • se vengono cucinati nel modo corretto.

Studi scientifici hanno dimostrato che, anche in caso oncologico, i prodotti tradizionali derivati dalla soia, riducono il rischio di ammalarsi di cancro, riducono il rischio di recidiva, migliorano lo stato generale della salute anche in chi presenta squilibri o patologie differenti già presenti.

La soia fa bene la soia fa male? detto così  non significa niente.

Elena Alquati