L’industria alimentare, oggi, ha ben capito che per vendere i propri prodotti, sono necessarie caratteristiche peculiari, innovazione, marketing.
Il nostro modo di pensare al cibo è molto cambiato nell’ultimo secolo, e sempre più spesso consideriamo ciò che il marketing ci propina attraverso l’immagine: confezione accattivante, colore, approvazione scientifica; ma le considerazioni da fare quando scegliamo un alimento, dovrebbero andare oltre le apparenze. Abbiamo completamente estrapolato e rimosso l’importanza di considerare il processo produttivo:
- lettura delle etichette;
- tipo di produzione (artigianale o industriale)
- provenienza;
- cultura o tradizione racchiusa;
- etica;
- impatto ambientale, ecc..
Impostandoci mentalmente in questa direzione, non solo riduciamo la nostra dipendenza dalla produzione dell’industria alimentare, ma riduciamo il loro potere economico per indirizzarlo verso la ricostruzione delle economie alimentari locali e quindi verso di noi.
Mi è stato chiesto se in relazione all’eritritolo (E968), il malto poteva essere meglio. Potrei suddividere questa risposta in diverse considerazioni e riflessioni da fare insieme, così, senza bisogno necessariamente di un uomo di scienza.
Considerazione n. 1 – produzione
L’Eritritolo è un polialcol scoperto nel 1848 dal chimico scozzese John Stenhouse e isolato nel 1852, ma non fu commercializzato, come un alcool di zucchero, fino al 1990 in Giappone. E’ presente naturalmente, in piccole quantità, nei prodotti di origine vegetale, come la frutta, e viene prodotto industrialmente cominciando con una scissione enzimatica di idrolisi dell’amido di mais per produrre glucosio . Il glucosio estratto, viene poi fatto fermentare con lieviti o funghi. Sembra, che per i costi di produzione ancora piuttosto alti, siano in fase di sviluppo altri metodi di produzione come la sintesi elettrochimica: una forma geneticamente mutata di Yarrowia lipolytica (un lievito) ottimizzato per la produzione di eritritolo con fermentazione da glicerolo come fonte di carbonio e di alta pressione osmotica per aumentare la resa fino al 62%. Indice glicemico 0.
Il malto di orzo o di riso (consigliati) viene prodotto in modo naturale, attraverso enzimi prodotti dalla germinazione. Questi enzimi hanno la capacità di scindere progressivamente le grosse molecole di amido in frammenti di minori dimensioni, che presentano un sapore sempre più dolce. Aggiungendo dell’orzo germogliato ad un cereale cotto, gli enzimi prodotti ne trasformano gradualmente gli amidi in zuccheri più semplici. Cuocendo, filtrando e concentrando, si ottiene uno sciroppo denso simile al miele, che può essere utilizzato come dolcificante. Indice glicemico 71/100.
Considerazione n. 2 – Tabella nutrizionale
Eritritolo elementi nutrizionali per 100 gr | Malto elementi nutrizionali per 100 gr |
Energia kcal 0 | Energia kcal 318 |
Grassi 0 | Grassi 0 |
Carboidrati 100 | Carboidrati 71,3 |
Proteine 0 | Acqua 21 |
Sale <0,01 | Proteine 6.2 |
Fibre 0 | Fibre 0 |
Calcio 61 mg | |
Ferro 0,96 mg | |
Fosforo 236 mg | |
Potassio 320 mg | |
Sodio 35 mg | |
Magnesio 72 mg | |
Vitamine del gruppo B | |
fonte | fonte |
Considerazione 3 – Effetti collaterali
Alcuni studi indicano che l’eritritolo riduce l’assorbimento del glucosio nell’intestino tenue, aumenta l’assorbimento del glucosio muscolare, migliorando l’attività degli enzimi metabolici del glucosio. Possiede inoltre potenziali anti-iperglicemici e anti-diabetici ma il modo di agire non è ancora molto chiaro.[1]
L’assunzione di eritritolo non è privo di possibili effetti collaterali, anche se decisamente ridotti rispetto ad altri edulcoranti. In persone particolarmente sensibili, o nel caso in cui venga assunto in dosi eccessive, può causare diarrea, mal di testa e dolori allo stomaco (fonte Humanitas). Teniamo inoltre presente che viene consumato dall’uomo da appena venti anni, e questi studi sono da verificare nel lungo termine.
Diversi sono i benefici che possono derivare dal consumo di malto. Tanto per iniziare è una valida e più sana alternativa allo zucchero bianco raffinato, in quanto è in grado di insaporire gli alimenti con un particolare aroma pur contenendo meno zuccheri. È fonte di vitamine e sali minerali, in particolare potassio, fosforo e magnesio. A seconda del cereale da cui si ricava, il malto può poi avere delle specifiche proprietà. Sul piano scientifico, a oggi, non sono note controindicazioni dal suo consumo. (fonte Humanitas)
Considerazione 4 – dolcificanti a impatto 0
C’è da considerare un altro problema che riguarda l’eritritolo. I dolcificanti ipocalorici e a zero impatto glicemico, determinano in via indiretta aumento di peso e/o difficoltà a dimagrire[2] [3] .
Inoltre, ma parlando in senso generico e non specifico, I dolcificanti ipocalorici e a zero impatto glicemico, sono un inganno che viene fatto al nostro organismo. La reazione metabolica è legata al sapore dolce, e nel momento in cui i ricettori lo riconoscono, inducono una serie di risposte metaboliche[4] che agiranno a prescindere dalla presenza di ciò che dovrebbero trovare e invece non c’è: lo zucchero.
I dati che riportano le varie ricerche scientifiche, sono molti e spesso contrastanti. L’esperienza mi ha insegnato che tutto ciò che viene estratto dal cibo, e utilizzato come singolo elemento (es. fruttosio), e ottenuto per manipolazione (industriale) dell’uomo, ha, nel tempo, manifestato danni a volte anche molto seri. Credo che la nostra scelta debba cadere, sempre, su ciò che la natura ci offre, e che l’uomo ha saputo trasformare nel tempo in modo naturale e sapiente. Dobbiamo scegliere gli alimenti, o le preparazioni che contengono una cultura tradizionale, e intraprendere un percorso che ci dia gli strumenti per poter scegliere e riportare questa cultura sulle nostre tavole.
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Il Malto una storia che arriva da molto lontao
Si parla poco del malto, e ho faticato a trovare qualcuno che scrivesse della sua storia. Sappiamo molto bene che questo geniale intuito dell’uomo, ad esempio, è stato un punto fondamentale per lo sviluppo e l’evoluzione della birra. La trasformazione dell’orzo in malto, si è evoluta nel corso di millenni, mantenendo la sua tradizionalità produttiva (almeno per quanto riguarda il biologico).
Non si sa chi sia il primo uomo che ebbe l’intuizione geniale che ha generato questo prodotto scoprendo la germogliazione semplicemente bagnando il cereale e attivandone così gli enzimi necessari alla scissione degli amidi.
Diversi studi archeologici raccontano di bevande alcoliche prodotte partendo dalla germogliazione del cereale datate intorno al 3.000 AC. L’arte della fermentazione e della germinazione del cereale è quindi molto antica, direi antichissima. Il malto di orzo in particolare, anticipa e si lega alla storia e alla evoluzione della birra. (per saperne di più)
Elena Alquati
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[1] https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/28770335/
[2] https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/28484010/
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