Mai mi sarei aspettata un’esperienza del genere. Prima dell’incontro mi continuavo a chiedere come sarebbe andata, e devo ammettere che un po’ di preoccupazione c’era: la preoccupazione dell’ignoto. I detenuti che ho conosciuto durante questa esperienza sono stati meravigliosi, e  mi hanno seguito fino all’ultimo incontro con passione, attenzione e rispetto, lavorando e partecipando come poche persone hanno fatto.

Tutto è partito da Mariella, docente di scienze che,  come tante docenti, ogni anno lotta con la graduatoria per avere la possibilità di lavorare. A settembre del 2012 ricevo da lei una telefonata nella quale mi comunica di aver ottenuto un posto in un Liceo di Milano, ma che le ore assegnatele non erano sufficienti, per cui si è vista costretta ad accettare una docenza aggiuntiva in una sezione dell’Istituto Levi al Carcere di Bollate. “Caspita che esperienza forte!” – ho pensato io –

Dai libri ai fornelli il percorso è stato breve

Conoscendola sapevo già come sarebbe andata a finire, e così è stato. Una volta iniziato il percorso di educazione alimentare su un livello scientifico nelle sue classi, Mariella è andata dal Direttore del Carcere per sapere se si poteva organizzare un laboratorio di cucina. Con grande stupore il progetto è stato accolto bene, e io ho accettato di vivere con lei questa esperienza.

Dopo varie vicissitudini burocratiche, arriva il giorno tanto atteso. Io e Sergio, un volontario della nostra associazione (L’Ordine dell’Universo), alle ore 11 carichiamo la macchina di tutto il necessario e partiamo per la “Casa di reclusione di Bollate”. Alle 12,15 ci incontriamo con Mariella e inizia tutta la prassi di registrazione e perquisizione per poter entrare nella cucina del reparto assegnatoci.

Accendiamo i fuochi

Alle 13,10 il corso ha inizio e una volta disposti tutti gli ingredienti, disponiamo l’organizzazione delle pentole e degli strumenti necessari: quando arriveranno “gli allievi”, tutto deve essere pronto. Ed ecco il menù di questa giornata dedicata ai cereali:  risotto alla trevisana, gratin di miglio al forno, insalata di grano saraceno, insalatina mista e dulcis in fundo mele al forno con crema di nocciole.

Bene, eccoli che arrivano scortati da una guardia molto simpatica che si è fermata con noi per controllare che le cose scorressero tutte per il meglio. Un signore italiano di mezza età che si presenterà poi con il nome di G., tira fuori una stoffa gialla che sembrava uno straccio e quando lo ha indossato ci siamo resi conto che per venire al corso ha tagliato un accappatoio creandone un grembiule, mentre P. si è fatto prestare da un compagno di cella una divisa da chef, cappellino compreso. Quasi tutti si erano muniti di grembiule! Inizio presentando me e Sergio e chiedendo loro di presentarsi. Erano in 15 e purtroppo gli unici nomi che sono riuscita ad imparare subito erano i nomi italiani; gli altri nomi al momento della presentazione li ho trovati impronunciabili. Le etnie erano diverse: Cile, Albania, Africa, ecc. “accidenti” ho pensato, “con queste diversità culturali, speriamo di cavarmela!!!

Tema del giorno: i cereali

Abbiamo cominciato a parlare proprio dell’importanza di questo alimento nelle varie culture e della sua importanza nutrizionale. Il ragazzo africano, quando gli abbiamo detto che facevamo il miglio era felicissimo:” Sono 5 anni che non mangio il miglio, qui nessuno lo conosce. Nella mia patria lo mangiamo sempre”. Abbiamo cominciato a preparare il risotto perché era il più lungo da cuocere , poi il miglio e il grano saraceno. Li abbiamo coinvolti nel lavare e tagliare le verdure, nel preparare le salse che accompagnavano i piatti e nelle cotture. La loro attenzione e curiosità, per come si stava procedendo alla preparazione, era impressionante: non scappava nessun dettaglio! Il ragazzo africano era particolarmente meticoloso e faceva molte domande per ogni cosa.

Abbiamo spiegato loro quanto è importante la stagionalità del cibo, la sua integralità e il luogo in cui cresce, unitamente agli stili di cottura, alla composizione del pasto e di quanto sia importante scegliere la buona qualità del cibo. Abbiamo presentato loro anche dei prodotti “nuovi” come il miso, lo shoyu, l’acidulato di umeboshi spiegando loro i motivi di queste new entry.

Ho collaborato per anni con il Dr. Franco Berrino, già Direttore del Dipartimento di Medicina Predittiva e della Prevenzione dell’Istituto Nazionale Tumori, dove ho tenuto dei corsi di cucina, e le linee guida che abbiamo presentato sono quelle del Fondo mondiale per la ricerca sul cancro.  Il corso è stato pertanto impostato proprio sull’importanza del cibo nella prevenzione delle malattie e che la salute dell’uomo comincia proprio dalla cucina.

Confronti culturali

Bene, tutto stava procedendo per il meglio e tutti i detenuti erano molto felici per quanto stavano imparando. Ma tra tutti devo dire che un uomo di circa 45 anni di nazionalità albanese è quello che mi ha colpito maggiormente: “ma tu lo sai cosa vuol dire per uno del mio paese mangiare queste cose? Noi mangiamo solo carne, carne e carne con un po’ di insalata” – mi disse.

“ Si lo so che siete persone molto attaccate alla carne e molto coriacee, deduco che sia molto arduo far cambiare la mentalità alla tua gente” risposi – “non sai quanto” – mi rispose lui –  Io per primo non ci credevo, ma poi ho cominciato a fare qualcosa che ho imparato con la Prof. e devo dire che sto molto meglio. Ho detto a mia moglie di non dare così tanto latte di mucca al bambino ma lei mi ha risposto che il carcere Italiano mi fa male e che dico un sacco di stupidate. Ma io ho raccolto le dispense della Prof. così le legge e capisce che non sono mica diventato scemo ” – “beh, penso che la cosa più giusta sia proprio iniziare da se stessi. Poi vedrai che la famiglia ti seguirà e così gli amici” .

 

Lo stupore

“il risotto è spettacolare!!!” mi gridano in coro.

Il ragazzo africano invece non vedeva l’ora di assaggiare il “suo” miglio che era buonissimo, ma anche il grano saraceno che nessuno conosceva. L’insalata con quella salsina così accattivante ha conquistato tutti e le mele con il malto nocciola erano deliziose. Il signore cileno si è innamorato del malto nocciola e ha letteralmente ripulito il barattolo. Insomma tutti sono stati felicissimi di aver trascorso questa giornata insieme, ma soprattutto hanno ricevuto importanti informazioni che cercheranno di mettere in pratica.

Il cibo ha un potere incredibile, e oggi ha unito persone diverse, in un ambiente particolare e di etnie diverse, ma soprattutto il cibo è una cosa seria e dovrebbe essere inserita nelle scuole, trasmettendo però le antiche tradizioni. Adesso ci prepareremo per il prossimo incontro, tema: i legumi. Non so ancora cosa andrò a proporre ma spero di ripetere e di far ripetere loro la stessa bellissima esperienza. (Giugno 2013 )

Elena Alquati


 

Cuciniamo in carcere a Bollate

Grazie a Paola Farina, giornalista e amica, per aver riportato questa esperienza sulla rubrica del quotidiano da lei curata!