«Ci magna more mori, ci no le magna crepa, pitosto de crepàr, magno more e anca moràr.»

Questo è uno scioglilingua con cui, i bambini di Verona degli anni ’50,  si sfidavano arrampicandosi sull’albero di moro per raccogliere i primi frutti maturi.  La traduzione è la seguente: «Chi mangia more muore, chi non le mangia crepa, piuttosto di crepare, mangio more e anche moro».

C’è un’altra bellissima poesia di Angiolo Silvio Novaro che inneggia l’albero del Moro e i suoi frutti

«Che dice la pioggerellina di marzo, che picchia argentina sui tegoli vecchi  del tetto, sui bruscoli secchi dell’orto, sul fico e sul moro  ornati di gèmmule d’oro?…».

Il mese di marzo è il momento in cui sui rami di gelso spuntano le gemme delle nuove foglioline; nel mese di luglio le more sono mature, sugose e  si mostrano a noi pendendo dai rami pronte per essere raccolte e mangiate.

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