Il Migliaccio: ricetta antica in versione rivisitata

Risalire alla ricetta originale non è stato facile.  Molti siti e molti libri danno come ingrediente il semolino, ma non mi convinceva perché il nome mi faceva pensare al miglio: ” perché mettono il semolino se si chiama migliaccio?”

Allora ho fatto delle ricerche ulteriori risalendo, forse, alle sue origini aprendo un mondo di informazioni affascinanti.

Nel libro di Pellegrino Artusi[1], il migliaccio di Romagna è sangue di porco, o di altro animale, mescolato con uova, e farina, e poi fritto nella padella a mo’ di frittata. Gaetano Arrivabene[2] lo definisce come: “specie di vivanda simile alla torta fatta del sangue del porco, o di altro animale, ben disfatto e fritto in padella. Credo che fosse così detto dall’essere anticamente fatto con miglio brillato ….”

Questo dell’Artusi è un migliaccio ricco[3] che si mangiava nelle case padronali; il miglio contadino era diverso. In Romagna – spiega Olindo Guerrini[4] – non potendosi permettere il lusso del migliaccio con ingredienti ricchi, veniva preparato con il riso o con il miglio, miele, sapa (detto mosto cotto è il concentrato d’uva ottenuto dal mosto di uva appena pronto) e venivano preparate delle frittella:  il sangue di maiale non sempre era un ingrediente disponibile. Il Guerrini parla anche di un piatto tipico della Toscana, ovviamente con le loro variabili. Ho scoperto che esiste anche una versione campana e umbra, e chissà quante altre informazioni sono sfuggite.

Io ho ovviamente preparato la ricetta dei poveri rivisitata, sostituendo lo zucchero con il malto ma si può utilizzare il miele[5] e il latte vaccino con il latte di mandorla.

La marmellata è stata una mia aggiunta, ma andrebbe servita senza.

Ingredienti

  • gr. 100 di farina di miglio
  • ml. 500 di bevanda di avena mandorla
  • gr. 90 di malto di riso*
  • buccia grattugiata di mezzo limone
  • pizzico di sale

Mettete il latte in un pentolino. Aggiungete il malto, la buccia di mezzo limone e mettete sul fuoco. Versate  a pioggia la farina di miglio, il pizzico di sale e cuocete per 5 minuti mescolando continuamente per evitare grumi.  Versate la crema in una teglia e infornate (forno preriscaldato) a 180° per 40 minuti.

Anche la guarnizione è personale. Potete aggiungere marmellata senza zucchero, cannella in polvere, farina di mandorla o altro.

[1] Forlimpopoli 4 agosto 1820 – è stato scrittore, gastronomo e critico letterario italiano, autore di “La scienza in cucina” e “l’arte di mangiar bene”.

[2] Autore del “Dizionario Domestico Sistematico”

[3] Latte, sangue di maiale, sapa o miele, mandorle, zucchero, pangrattato, candito (mi è stato riferito essere il cedro), burro, spezie,  noce moscata, scorza di limone.

[4] Poeta nato a Forlì nel 1845

[5] Se si vuole rimanere in termini salutistici, lo sciroppo di riso non è ottimale e potete frullare la stessa quantità di uvette per dare la nota dolce.