E’ recente lo studio pubblicato dall’European Journal of Nutrition secondo cui, nel Regno Unito, i bambini piccoli ricavano il 47% delle loro calorie da cibi ultra processati (UPF =  ultra processed food), e questa percentuale è salita al 59% per i bambini di sette anni di età. Lo studio ha esaminato oltre due mila bambini nati nel Regno Unito nel 2007 e nel 2008, i cui genitori hanno registrato cosa mangiavano e bevevano i loro figli.

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Lo studio presentava diverse limitazioni, tra cui il fatto che le persone di etnia bianca e con uno status socioeconomico più elevato erano maggiormente rappresentate.

Il team dello studio ha chiesto politiche volte a “ristabilire l’equilibrio della dieta dei bambini verso una percentuale inferiore di UPF, come l’aggiunta di etichette di avvertenza ai prodotti, politiche alimentari scolastiche inclusive e sussidi per alimenti freschi e minimamente lavorati”.

L’autrice principale della ricerca, la dott. ssa Rana Conway, ha affermato: “Non è facile nutrire i bambini in modo sano nel nostro attuale ambiente alimentare. Gli alimenti altamente trasformati sono spesso più economici di quelli che i genitori vorrebbero dare ai propri figli, come frutta e verdura fresca” –  “Inoltre, nonostante le etichette suggeriscano che il prodotto selezionato sia una scelta sana, gli alimenti ultra – processati per i bambini contengono comunque troppo zucchero e troppo sale, rendendo difficile identificare le corrette alternative.

In Italia?

E’ recente una notizia Ansa in cui emerge che anche l’Italia non è esente da questo problema.

Il consumo di cibi ultra processati è aumentato del 36% negli ultimi vent’anni e, i bambini italiani, assumono il 14% delle calorie giornaliere proprio da questi prodotti.

È quanto emerge da una ricerca condotta dalla Fondazione Aletheia, sotto la guida del professor Antonio Gasbarrini, preside della Facoltà di Medicina dell’Università Cattolica di Roma e direttore del Centro Malattie Apparato Digerente del Policlinico Gemelli, e il suo team.

Un consumo che è in continuo aumento soprattutto nella fascia d’età compresa tra i 5 e i 30 anni. Sono prodotti che vengono lavorati dall’industria alimentare, che oltre ad avere un eccesso di zucchero, grasso e sale, contengono additivi chimici come coloranti, dolcificanti artificiali e molto altro. Non tutti sono considerati sicuri e molti genitori non sono informati; inoltre in pochi considerano l’effetto cocktail, che non riguarda solo un’assimilazione continua, ma mischiata.

Una popolazione che pesa sempre di più

Sovrappeso e obesità, in Italia, ormai interessa ben il 46% della popolazione italiana, pari a 23 milioni di persone adulte, ma la situazione è preoccupante anche per i giovani.

Le stime suggeriscono che una riduzione del 20% delle calorie provenienti da cibi ad alto contenuto di zuccheri e grassi potrebbe prevenire fino a 688.000 casi di malattie croniche entro il 2050. A beneficiarne, concludono gli esperti di Fondazione Aletheia, sarebbe anche l’economia del Paese, con un risparmio di 12 miliardi di euro per la cura di malattie evitabili.

Inutile dire che bisognava intervenire da tempo , certo non è mai troppo tardi, ma non si fanno i conti con una cultura ormai molto radicata, soprattutto nelle giovani generazione e nei giovani genitori, basta vedere quanto è stata accettata la Coca-Cola  quale icona del Natale.

La Fonte

Lo studio

Notizia Ansa

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